In
ricordo di ........
Padre Sergio De Piccoli
Quando in Val Maira l'abbiamo
incontrato la prima volta, guardandoci con quei suoi
splendidi occhi azzurri ci domandò: "Quanti rosoni ha il
Duomo di Spoleto?" e a Memmo Fioravanti che si
dichiarava felice di averlo potuto conoscere, in modo
asciutto rispose: "Ah se lo dice lei..."
Forte e determinato fin quasi
ad apparire scorbutico, questo frate benedettino di 83
anni che conosceva l'aramaico, trasferitosi dopo il
Concilio Vaticano II in Val Maira a 1600 metri di
altitudine, era assurto, suo malgrado, agli onori della
cronaca per il fatto che possedesse la biblioteca più
alta d'Europa. Nato a Corsico (MI) figlio di tipografi
arrivò a Marmora con 2000 libri e a chi gli chiedeva
come avesse fatto a raggiungere la cifra di 62.000
volumi rispondeva: "molti me li hanno regalati e molti
li ho comprati con la mia pensione". Quando lo stesso
Umberto Eco riconobbe che quella biblioteca (ora
lasciata in dono al Comune di Marmora) era tra quelle
private più importanti d'Europa ci fu una corsa di
giornalisti, tv pubbliche e private ad intervistarlo.
Quando gli veniva chiesto di
raccontare la sua vita, a tutti la stessa risposta;
"no... no... preferisco il silenzio alle parole; è
proprio per questo che mi sono ritirato quassù; per
vivere nel silenzio delle montagne". A proposito di ciò
emblematico è il suo pensiero sul silenzio: "Stare in
silenzio non significa starsene immobili senza pensieri,
anzi! Il silenzio deve dare il modo alla nostra mente di
pensare", sul mondo con la sua spasmodica ricerca di
cose nuove, sempre turbolento e chiacchierone :"bisogna
sapersi accontentare di quello che si ha", e sulla
parola" ha un grande valore, se si parla quando serve".
L'abbiamo incontrato molte altre volte e ogni volta al
nostro bussare ha risposto: " avanti la porta è sempre
aperta" Già la sua porta...! Sempre aperta per tutti ma
che spesso non ha visto entrare dei galantuomini. Alcuni
di loro l'hanno tradito, ingannato, insultato e colpito
" eppure -scriveva- non sono capace di chiudere loro la
porta, quando arrivano o quando tornano. Continuo ad
accoglierli col sorriso sulle labbra".
Negli
ultimi tempi aveva anche scritto:" Inizio a sentirmi
vecchio e stanco. Si avvicina il giorno della mia morte,
Signore, e vorrei farti questa preghiera: fa’ che a
portare la mia bara siano quattro di questi giovani che
ho aiutato ad uscire dalla notte del vizio e della
disperazione. Sarà per me segno di salvezza, se in tutta
la mia esistenza sarò riuscito a portarne quattro fino
alla risurrezione».
Quei giovani, come scrive
Matteo Borghetto in un corsivo sulla stampa locale, oggi
c’erano a portare la bara dalla chiesa al cimitero di
San Massimo. E non erano quattro, ma molti di più.
In attesa di tornare in Valle
tra i tuoi monti e salire a Marmora per salutarti "...
mi troverai quì sopra... poco più in alto" come
scherzosamente dicevi, mi piace ricordarti, nella
piccola e stretta cucina, seduto al tavolo davanti ad
una tazzina di caffè, con la sigaretta accesa e con i
tuoi occhi azzurri che fissano i libri che Francesco e
Carmen, a nome del Cai di Spoleto Ti hanno appena donato
e tu, con aria soddisfatta che dici:
"Ah !... questi non ce l'ho !".
Enzo Cori